Ecco i suoni che dalle Marche partono verso ogni possibile destinazione perché i confini non esistono per chi non si pone limiti. Come la morfologia terrestre di questa regione comprende ogni tipologia possibile è così anche per il carattere dei suoi abitanti che non manca di riflettersi anche nell’arte e nella musica che viene prodotta, sempre e comunque un vero “suono di marca” e di cui qui si va a trattare.
MARCO SANTINI - OP. 1 (2015)
Qualche anno fa, In occasione di una chiacchierata con uno dei componenti di una compagnia teatrale cubana impegnata in un tour qui in Italia con un testo dedicato a Michelangelo Merisi ovvero “il Caravaggio”, ho ricevuto un bell’insegnamento; ho fatto una domanda forse sciocca ma che rappresentava una mia curiosità di allora : “cosa spinge una compagnia come la vostra a cimentarsi con un artista appartenente alla cultura italiana, così distante da voi?” il mio interlocutore è stato gentilissimo e in poche parole mi ha spiegato che “quando un artista arriva alla grandezza a cui è arrivato Caravaggio non lo si può più rinchiudere nei confini di una nazionalità perché la sua arte non può e non deve avere confini, appartiene a tutti gli esseri umani indistintamente”.
Tutto questo per dire semplicemente che mi risulta alquanto imbarazzante inserire il maestro Marco Santini in una qualsiasi categoria e mi perdonerà dunque se si ritrova compresso in un “suono di marca” quando sarebbe più giusto che per lui la rubrica si intitolasse molto più adeguatamente “suono d’arte”. A mia parziale scusante posso però dire che molto lo lega a questa nostra regione e non solo perché vi è nato.
Nel 2015 è uscito il suo primo album ufficiale “OP.1” che non è solamente una stupenda “dichiarazione d’intenti” ma anche un modo per fermare un istante, il momento in cui si va a decidere quella che sarà la strada da intraprendere. “Lo” strumento musicale di Marco Santini è il violino, attraverso cui ci affida tutte le note e le melodie pensate ancor prima che suonate, da dove scaturiscono non ci è dato sapere ma sicuramente è un luogo vicino all’anima. Per comporre sembra che usi il pianoforte, pensate : un musicista seduto che abbassa il suo sguardo verso la fila di lunghi tasti bianchi e neri su cui fa scorrere le dita, fino a ritrovare il senso di un discorso mai finito; la mano destra e la sinistra che si cercano, si inseguono, si intrecciano e dialogano, usando diverse espressioni ma concordi in quello che andranno a “dire”. Tutta un’altra storia quando si tratta di trasportare il tutto nel “piccolo” strumento a quattro corde, appoggiato tra il mento e la spalla, in un abbraccio fisico che comprende anche il punto di fuga per la vista...le quattro corde indicano un orizzonte e lo sguardo del suonatore se ne parte verso quella direzione insieme alla mente di chi ascolta. Vediamo un po’ dove siamo diretti.
Si comincia con “il Cristo delle Marche” e dunque ci è chiaro da dove partiamo (come suggerito dunque dal titolo di questa rubrica); il pezzo è una dichiarazione d’amore per la nostra regione con dedica esplicita alla scultura che tale nome porta, un tema dolcissimo che predispone a prendersi una pausa da qualsiasi cosa si stia facendo perché è in grado di trasportarci in alto, ancora più su di dove lo sguardo può arrivare per abbracciare questa terra magnifica. Il viaggio è lungo ma dalle Marche siamo già in Danimarca con il secondo brano: “Fuglafjord” e qui il violino perde appena un po’ della sua dolcezza per amalgamarsi meglio con la chitarra suonata da Stanley Samuelsen, attenzione 10 corde valgono quanto un bel paio d’ali e dopo le dolci colline marchigiane siamo in vista di piccole isole bagnate dal mare del nord...e par di sentire il rumore delle onde andare e venire. “Dialogo di malinconia” , pianoforte e violino, è vero : di malinconia si tratta ma che pervade gli strumenti e chi ascolta finché gli strumenti, dopo aver dialogato “dicendo ciascuno la sua” decidono di parlare simultaneamente e il dialogo diventa un soave canto, tutt’altro che malinconico. “Tormento inquieto”, e siamo preda di una burrasca emotiva con l’orchestra d’archi che indugia, avanza e indietreggia, ondeggia come nave in tempesta preda della forza della natura in un crescendo continuo che non lascia respiro, e seppure vi sembrerà che il tutto si stia risolvendo...così non è fino ad un finale “sospeso”.
Cambiamo genere, “Edo al rodeo” il brano dedicato al piccolo nipote. Altra atmosfera dal deciso sapore “country” con anche un basso e una batteria shuffle in stile che accompagnano il violino in questa ballata...neanche ce ne siamo accorti eppure siamo finiti a ridere e scherzare bevendo wiskey dentro un saloon mentre fuori impazza il rodeo. "Fiori al vento" ed eccoci ancora in sonorità più tranquille ed evocative, un diretto proseguimento del brano di apertura del cd, e ancora ci libriamo nell'aria o, come appunto fiori al vento, ne sentiamo la carezza tutt'intorno a noi. "Insieme"...ma quante dita ha Marco Santini? Sì perché questo è un bel pezzo di virtuosismo, suonare contemporaneamente (appunto insieme) sia le note prodotte con l'uso dell'archetto che pizzicando le corde libere con le dita della mano sinistra non è per niente facile, eppure lui la fa sembrare la cosa più sciocca del mondo, provate a sentire questo brano e pensate che sono bastate due sole mani...vi farete la mia stessa domanda: ma quante dita ha Marco Santini? C'è il violino dicevamo...poteva mancare un valzer dallo stile squisitamente viennese? Ed eccolo dunque : "Wiener Prater", siamo in territorio classico e l'orchestra d'archi suona per farci volteggiare, magari in sontuosi abiti d'epoca, al ritmo del 3/4 ; facciamo giusto in tempo a percorrere la grande sala un paio di volte girando spesso intorno a noi stessi perché con un inchino con ci resta già che salutare chi ci ha fatto l'onore di accompagnarci. Marco Santini poteva forse risparmiarsi, dopo un classico valzer, di esplorare i territori del rock? Certo che no. "Rock'n'Rondo" e ritornano basso e batteria ad accompagnare la...chitarra elettrica? No, ad accompagnare il violino che se la cava egregiamente in questo cambio di stile e prospettiva e fa domandare : che suono avrebbe con il distorsore inserito? Riprendiamo fiato con “Elegia”, il pianoforte e il violino si incontrano nuovamente questa volta quasi a comporre una strana “colonna sonora” per immagini, sembra di vedere scorrere foto in bianco e nero, un muto dialogo e un addio forse di chi intraprende un viaggio nei confronti di chi resta, con la consapevolezza che ciascuno porterà per sempre l’altro nel cuore.
“Suoni d’Oriente”, e torniamo a viaggiare distante, con scale e melodie a cui neanche siamo poi così tanto abituati, e c’è l’impressione di trovarsi in un caravanserraglio, poco prima dell’arrivo dei mercanti con la loro confusione e che in fretta se ne ripartono. Ci spostiamo velocemente, forse troppo, ma questo non può che spingerci a ricominciare di nuovo il nostro viaggio: eccoci finiti in un “Pizzicato sotto i ponti di Amburgo” , una delicata scottish tutta da ballare (la scottish è una danza in coppia in 2/4), c’è il fischiettio che ci chiama e ci invita e subito siamo catturati dalla melodia del violino stregato...come resistere?
Le cose belle finiscono in fretta dicono...solo per poter ricominciare quanto prima e allora pare giusto chiudere questo album con una dolce “Ninna Oh”, pianoforte e violino a ricordarvi che per sognare bisogna prima addormentarsi ma...e allora finora ascoltando questi brani che cosa abbiamo fatto? Eccola tutta la magia della musica che prende in consegna e trasporta lontano, di paese in paese, di melodia in melodia; sappiamo di essere partiti dalle Marche ma dove siamo finiti...chi lo sa?
- Il Cristo delle Marche
- Fuglafjord
- Dialogo di malinconia
- Tormento inquieto
- Edo al rodeo
- Fiori al vento
- Insieme
- Wiener Prater
- Rock’n’Rondo
- Elegia
- Suoni d’Oriente
- Pizzicato sotto i ponti di Amburgo
- Ninna Oh
per ogni ulteriore informazione su Marco Santini o per contatti : http://www.marcosantinimusic.com/
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