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giovedì 30 novembre 2017

Ecco il programma completo per la giornata di domenica 3 dicembre a Roma - reading / concerto in scaletta alle ore 18:00 


martedì 28 novembre 2017

riporto l'intervista che mi ha fatto Fortunato Mannino per Sound36 e già pubblicata sulla loro pagina (http://www.sound36.com/silvano-staffolani/) - buona lettura



Quest’estate mi è capitato, il termine è proprio quello giusto, d’incontrare e discutere virtualmente con Silvano Staffolani. Una discussione partita da alcune riflessioni su mia recensione pubblicata su facebook che poi ha riguardato un po’ tutto il mondo della musica indipendente italiana. Devo dire che ho scoperto solo dopo aver chiuso la conversazione che Silvano è un cantautore. Ho ascoltato il suo ultimo album che nasce dalla collaborazione con lo scrittore Tullio Bugari e non solo mi è piaciuto ma l’ho invitato sulle nostre pagine per sapere di più e condividere con tutti Voi il suo modo d'Intedere la Musica.

Ciao Silvano e benvenuto sul nostro pulmino. Ammetto che non era facilissimo incontrarci in quel mare magnum che è la musica indipendente italiana ma… sono contento che ciò sia avvenuto. La prima domanda, dunque, non può che essere una tua autopresentazione al pubblico di Sound36.
Uno strano pulmino questo dove non c’è da pagare un biglietto per salire e dove…si può parlare al conducente? Mi piace! Hai perfettamente ragione sai in merito al fatto che non sia per niente facile incontrarsi e/o comunque avere modo di presentarsi quando si è parte di un qualcosa di così vasto ed eterogeneo come la musica indipendente della nostra penisola; dentro c’è un po’ di tutto compresi tanti elementi che di indipendente hanno ben poco e tanti che l’indipendenza la vedono come una sorta di etichetta negativa per materiale di poco valore di cui sbarazzarsi quanto prima. In mezzo a questo calderone ci sono anche io con la mia musica che in realtà non so neanche se possa essere rappresentativa di un qualcosa o abbia punti in comune con quanto vado ascoltando in giro. Trovo che la musica sia un ottimo modo per comunicare con/fra le persone e più si è sinceri nel presentare sé stessi più c’è la possibilità di instaurare un punto di contatto con gli altri: le mie canzoni probabilmente possono raccontarmi meglio di tante parole. Oggi però non si ha più tempo neanche di ascoltarla per intero una canzone, meglio un jingle di pochi secondi, un ritornello; così è per un pensiero sviluppato e spiegato per intero, meglio uno slogan…chi sono? Sono uno che scrive cartoline senza indicare l’indirizzo del destinatario perché so che anche senza la certezza del dove chi e quando, arriveranno comunque a destino.
Ho letto sul tuo blog di passato di cantante punk. Ti chiedo cosa è rimasto e come si evoluta quella rabbia iconoclasta che contraddistingue la musica punk.
Non è cambiato niente, purtroppo mi verrebbe da dire; tutto quello che aveva rappresentato la musica/cultura punk, la ribellione verso un ordine precostituito, verso una società perfetta (in superficie) che viveva di regole e buone maniere e che della bella facciata faceva la ragione di vivere insomma è lo stesso modo di essere che si è ripresentato in questi anni. Pensa alla musica, nasce il punk perché con pochi soldi e pochi strumenti potevi comunque suonare, ti prendevi il tuo spazio e avevi la possibilità in qualche modo di farti sentire; quando la maggior parte dei gruppi rock aveva una strumentazione da paura con super amplificatori, tastiere fantascientifiche, scenografie e corpi di ballo vari…ecco ti arrivano dei tipi che con poco più di niente si reimpossessano dello spirito della musica rock che torna a vivere. Oggi più o meno è la stessa cosa; chi suona, e penso anche a una qualsiasi di quelle cover o tribute band tanto comuni, per farlo deve accendere un mutuo. Di nuovo strumentazioni esagerate, effetti a non finire, scenografie, concerti che diventano eventi e dove la distanza tra chi suona e chi ascolta è chilometrica…siamo tornati alle stesse condizioni che hanno portato a quel tipo di ribellione contro un modo di essere sicuramente di effetto ma…vuoto. Di rabbia non ne ho mai vista così tanta in realtà, appartiene ed è appartenuta solo a pochi per fortuna perché acceca e non lascia posto a niente altro mentre invece c’è bisogno di essere bene attenti. Rimangono tante altre cose, il “do it yourself” non aspettare che sia qualcun altro a fare le cose per te, falle e basta; il non lasciarsi imporre cosa può o non può essere fatto (suonato), il mettere in dubbio qualsiasi verità assoluta, il “se può farlo lui posso farlo anche io” insomma rimane la voglia di essere e fare. A livello strettamente musicale trovo che oggi la vera ribellione nella musica possa essere quella di liberarsi dell’elettricità e tornare a suonare in acustico, non importo con quale strumento ma comunque potersi esprimere senza vincoli di prese di corrente, palchi, permessi , siae e chi più ne ha più ne metta; lo spirito punk è quello delle mazurke clandestine. Vuoi pensare punk? Concentrati su quello di cui puoi fare a meno, non su quello che ti manca e agisci di conseguenza.
Mezzadro mezzo ladro contadino” è il tuo ultimo album e nasce dalla collaborazione con lo scrittore Tullio Bugari. Ci illustri la genesi e le tematiche che caratterizzano l’album.
L’idea nasce lontano, nel senso proprio fisico del termine. Pur essendo entrambi marchigiani ci siamo incontrati e abbiamo avuto modo di raccontarci quello che stavamo facendo durante un soggiorno a Essaouria in Marocco, in occasione del festival della musica Gnaoua. Tullio mi ha parlato del suo libro “l’erba dagli zoccoli” in cui ha narrato le storie delle rivolte contadine del dopoguerra, un mondo fatto di persone del popolo che cercano di autoorganizzarsi per poter avere terra da coltivare, di scioperi alla rovescia in cui anziché incrociare le braccia le si usava per costruire, di solidarietà ma anche di morti, troppi morti spesso dimenticati. Se cancelli le date e i nomi le storie che trovi all’interno del libro potrebbero tranquillamente svolgersi al giorno d’oggi, ancora una volta la storia che si ripete e mai insegna, tutto quello che noi impariamo è a riconoscere che gli errori che commettiamo li ha già commessi qualcun altro prima di noi, non è di certo una consolazione. Abbiamo pensato entrambi che, in vista di una presentazione del libro in cui Tullio aveva comunque già l’intenzione di leggere alcuni brani, come momenti di pausa tra una lettura e un’altra io avrei potuto cantare alcune delle mie canzoni. Ai buoni propositi delle chiacchierate in Marocco è seguito al ritorno il mio invio di alcune canzoni che avevo già in repertorio e che Tullio ha approvato e il suo invio dei testi del libro e in questo modo abbiamo fatto le prime presentazioni. Nel corso di pochi mesi ho spinto Tullio a tentare la scrittura di testi da utilizzare per condensare nel tempo di una canzone i racconti de “l’erba dagli zoccoli” e il risultato è stato sorprendente per entrambi, ora il tutto è diventato un reading concerto che stiamo portando in giro per l’Italia intera.
La mia personale sensazione è che la tua sensibilità di cantautore ponga l’accento su due tematiche fondamentali: l’esigenza di non perdere la memoria del nostro passato e lo sfruttamento delle masse popolari. Quanto di vero c’è in questa mia sensazione?
La memoria del passato…è inevitabile portarla con sé…come le melodie che canto probabilmente vengono da qualche parte di un tempo già vissuto, è importante raccogliere gli esempi, le testimonianze, saper leggere le tracce di chi prima di noi ha già percorso le nostre strade; non bisogna “conservare” per una esigenza di rispetto che spesso conduce a chiudere in un museo il nostro passato, quello stesso rispetto che dopo aver fatto nascere il museo fa sì che non ci si preoccupi che sia fruibile quanto più possibile. Bisogna tenere vivi i ricordi, frequentarli; nel nostro passato, nelle vite vissute prima della nostra, ci sono le spiegazioni del nostro presente ed è come se fosse un racconto che qualcuno ha iniziato a narrarci quando siamo nati, bisogna trovare il tempo – ogni tanto – di fermarsi ad ascoltarlo per riannodare i fili di questo tempo. Quel che siamo stati c’è sempre la possibilità di poterlo essere di nuovo, e non pensare che sia per forza una cosa bella e positiva anzi; ecco, conservare la memoria del passato è una necessità per non sentirsi irresponsabili del presente e del futuro. Lo sfruttamento delle masse popolari è ovunque, basta che ti guardi intorno lo puoi vedere senza alcuna necessità che altri te ne parlino però raccontare la voglia di riscatto, la poesia dietro la banalità del quotidiano, lo sberleffo e la grandiosità anche nella miseria, il dettaglio che sfugge ai più, gli individui di cui la massa è composta…insomma c’è tanto da portare sotto la lente di ingrandimento.
Il tuo raccontare di personaggi che rischiano, purtroppo, di perdersi nelle nebbie del tempo e dell’indifferenza è chiaro che non può essere solo “celebrativo” e tradisce, a mio avviso, una visione alquanto cupa della società odierna.
Bella l’immagine che hai descritto, molti dei personaggi entrati nelle mie canzoni non sono così ben definiti, non tutti hanno un nome e cognome anzi spesso sono così vaghi che è davvero come se siano persi nelle nebbie del tempo come dici tu e se scompaiono è solo per tornare in una canzone successiva, sono sempre gli stessi che continuano un dialogo (a volte è anche un ballo) che hanno solo interrotto. Il narrare è fatto anche di interruzioni, così come la musica ha bisogno delle pause e il silenzio è necessario perché altrimenti non esisterebbe l’attesa, tanto importante per prepararci a quel che sarà. Trovo molto positivo questo ritrovare ogni tanto gli stessi “protagonisti”, una sorta di amicizia rinnovata, quindi anche una società ideale dove non ci sono mai addii ma solo arrivederci. Ci sono poi anche i personaggi con nomi e cognomi e con la loro storia vera, sono state persone prima che personaggi e in qualche modo vittime di quello che avevano intorno, senza possibilità di scelta e in questo caso hai più che ragione, sicuramente dove ci sono vittime di una società che decide per loro questa non può che essere cupa. Sarebbe alquanto sciocco e banale per me cantare la storia di chi vince la lotteria, non mi interessa poi tanto raccontare la felicità, meglio viverla; invece è molto stimolante raccontare di chi ha appena perso il biglietto della lotteria senza possibilità alcuna di ritrovarlo, terribile no? Nella storia di tante canzoni popolari spesso gli argomenti più tragici e tristi sono narrati all’interno di melodie allegre, con motivi che si possono tranquillamente cantare e che portano al buonumore finché…non fai caso al senso delle parole che stai cantando, è la magia della musica a cui tutto è concesso raccontare sapendolo fare nel modo giusto, quello che alla fine porto a destino ogni messaggio.
Qual è, secondo te, il peso sociale di un cantautore?
Il peso sociale della musica tutta direi, un cantautore usa un mezzo attraverso cui arrivare a…che cosa? Se lo domanda prima di scrivere una canzone? O lo fa solo per una sua esigenza di esternare e dare forma a un qualcosa di indefinito come ogni altra persona che frequenta una qualsiasi forma d’arte? Una canzone una volta suonata/cantata non appartiene più a chi l’ha composta ma diventa di chi l’ha saputa ascoltare e inevitabilmente andrà a influire nel suo modo di essere. Chiunque, nel momento in cui tenta di relazionarsi con l’altro, ha un forte peso sociale in quanto teoricamente può condizionarne il pensiero e il modo di agire come fosse una sorta di contagio. Maggiore è il numero dei nostri interlocutori e più grande è la nostra responsabilità, come dicevo poco fa a volte un semplice motivetto arriva facilmente e magari senza che ce ne accorgiamo ripetiamo frasi e concetti che abbiamo sentito da altri attraverso una semplice canzone ecco dunque che bisognerebbe sempre fare attenzione alle parole che pronunciamo perché, purtroppo o per fortuna, gli scritti rimangono e le parole volano e in questo loro volo vai a capire dove e come atterreranno.
Se dovessi aggiungere una domanda o una riflessione a questa intervista cosa aggiungeresti?
La domanda è quella a cui altri mi forniscono – per fortuna - sempre la risposta : “ma chi te lo fa fare?” Chi sta leggendo invece, se non lo ha già fatto o comunque non lo sta già facendo, vorrei invitarlo a utilizzare ogni momento del tempo libero che ha a disposizione per tornare a vivere l’arte, in ogni sua forma, scrivete o leggete una poesia, andate a vedere una mostra, mettetevi a disegnare, dipingere, fermate gli attimi su un quaderno, un foglio, una foto una melodia, osservate più a lungo e con attenzione quel che avete intorno e tornate a interessarvi alle persone che vi sono vicine o che per caso incontrate insomma…non sprecate niente delle vostre giornate e quando proprio non saprete più che fare…andate a sentirvi i miei album qui : https://www.youtube.com/user/ThePisiTroll/playlists?view_as=subscriber&shelf_id=2&view=50&sort=dd

magari decidete che vi piacciono e allora ho una buona notizia per voi : potete pure scaricarveli gratis qui : https://cartolinedautore.blogspot.it/p/dove-scaricare-gli-album-gratuitamente.html

lunedì 27 novembre 2017

vorrei farvi ascoltare un paio di brani ancora inediti che fanno parte del repertorio de "i Fiji d'Ottrano" con i testi di Bruno Trillini - il primo "la canzone dei cantastorie" dedicata proprio a chi continua a suonare e raccontare storie cantando per le strade e il secondo la ballata dal titolo "bella mia balla con me" che proprio a ballare invita. Buon ascolto

martedì 7 novembre 2017


la rivista on-line SOUND36 pubblica una mia intervista rilasciata al loro Fortunato Mannino, una chiacchierata che tocca diversi argomenti e che potete andare a leggere a questo indirizzo : http://www.sound36.com/silvano-staffolani/