Domenica 26 gennaio 2020 alle ore
17:15 al teatro “La Fortuna” di Monte San Vito (AN) sarò parte dello spettacolo
“Percorrere la memoria” dove porterò alcune delle canzoni da me scritte in collaborazione
con Tullio Bugari; quattro di queste sono state composte appositamente e il
tema ha a che fare con il titolo dato allo spettacolo. Ve le vorrei presentare
iniziando da “IL FALO’ DELLE VANITA’ “
La pagina internet http://www.festivaldelmedioevo.it/portal/il-falo-delle-vanita/
ci racconta molto bene quel che accadde il 7 febbraio 1497 a Piazza della
Signoria a Firenze e lo ritrascrivo qui di seguito : “Brucia. Brucia il peccato. Brucia
il lusso. Brucia il vizio. Brucia il demonio. Brucia la depravazione. Brucia la
perdizione.
Brucia la febbre di conquista, nel volto di Girolamo Savonarola
(1452-1498): il rivoluzionario, il moralizzatore, il profeta dei Piagnoni.
Le fiamme illuminano i suoi occhi spiritati, quasi in estasi di fronte a quello spettacolo di purificazione.
Le fiamme illuminano i suoi occhi spiritati, quasi in estasi di fronte a quello spettacolo di purificazione.
È il 7 febbraio 1497 e nel grande falò al centro di Piazza della
Signoria bruciano migliaia di oggetti: specchi, cosmetici, vestiti di lusso,
arpe, bombarde, cetre, chitarre, liuti, ciaramelle, cornamuse, flauti,
ghironde, vielle, e ancora dadi, profumi, livree, parrucche, carte da gioco,
libri immorali, manoscritti con canzoni profane, dipinti.
Sandro Botticelli ammira i suoi capolavori ardere: errori di gioventù
finalmente riparati, opere infamanti che non infangheranno più il suo buon
nome.
Dipinti pagani, che ritraggono figure mitologiche e che parlano di sensualità e di passione: Venere, Marte ed Ercole bruciano nel rogo. Brucia il mostruoso Centauro, bruciano i satiri giocherelloni.
Brucia il suo passato di peccato alla corte dei Medici, brucia la vergogna di artista cortigiano foraggiato dalla borghesia fiorentina; brucia per sempre l’epoca in cui dipingeva cicli ispirati al Decameron di Boccaccio e opere piene di allegorie pagane, brucia l’esaltazione del trionfo della vita.
Dipinti pagani, che ritraggono figure mitologiche e che parlano di sensualità e di passione: Venere, Marte ed Ercole bruciano nel rogo. Brucia il mostruoso Centauro, bruciano i satiri giocherelloni.
Brucia il suo passato di peccato alla corte dei Medici, brucia la vergogna di artista cortigiano foraggiato dalla borghesia fiorentina; brucia per sempre l’epoca in cui dipingeva cicli ispirati al Decameron di Boccaccio e opere piene di allegorie pagane, brucia l’esaltazione del trionfo della vita.
Per anni Sandro aveva prestato la sua arte per celebrare matrimoni e
allietare banchetti di vino ed orge.
Poi era arrivato Savonarola ed era morto Lorenzo il Magnifico, e tutto
era cambiato. Tutte le vecchie sicurezze si erano infrante, il trionfo della
vita aveva lasciato il passo all’annuncio della morte e del giudizio finale e
Sandro si era sentito profondamente colpevole per aver dato volto a quel
magistero artistico tanto aspramente condannato dal “santo frate”.
Così, in questo martedì grasso che non era mai stato così magro, e terrificante ed esaltante, lo stesso pittore è corso alla sua bottega per fare razzìa delle sue opere e gettarle nel rogo.
Si guarda intorno e percepisce un’eccitazione generale.
Così, in questo martedì grasso che non era mai stato così magro, e terrificante ed esaltante, lo stesso pittore è corso alla sua bottega per fare razzìa delle sue opere e gettarle nel rogo.
Si guarda intorno e percepisce un’eccitazione generale.
È un’antica usanza, a Firenze, quella di accendere il grande falò per
l’ultimo giorno di carnevale: tutto il popolo si adopera per portare in piazza
legna, frasche e paglia, e poi lasciarsi andare a danze orgiastiche per tutta
la notte.
Savonarola ha deciso di rispettare l’usanza anche quest’anno, ma con una
piccola differenza: perché oggi saranno proprio le orge a bruciare sul falò:
orge di ogni genere. Ogni forma di lascivia e impudicizia è destinata a finire
nel grande rogo: che siano statue di uomini e di donne nudi o quadri dei grandi
maestri del tempo, o strumenti musicali, o libri, o canzonieri. Ognuno porta
ciò che vuole, e gli artisti stessi fanno a gara per purificare le proprie
opere.”
Dalla storia alla
letteratura ci sono anche altri “roghi”, come quello fatto completamente di
libri che altro non sono se non causa di pazzia per chi è solito passare troppo
tempo in loro compagnia; Cervantes nel suo Don Chisciotte della Mancia ne
racconta proprio uno : “Mentre che don Chisciotte
dormiva, il curato domandò alla nipote le chiavi della stanza dove trovavansi i
libri, cagione di tanti malanni; ed essa gliele diede di buona voglia. Quindi
entrarono tutti e con essi anche la serva; e trovarono da più di cento volumi
grandi assai ben legati, ed altri di picciola mole. Non li ebbe appena veduti
la serva che uscì frettolosa della stanza, poi tornò subito con una scodella
d’acqua benedetta e con l’asperges dicendo: “Prenda la signoria vostra, signor
curato, e benedica questa stanza affinchè non resti qui alcuno degl’incantatori
de’ quali sono zeppi cotesti libri, e non ci facciano addosso qualche
incantesimo per vendetta di quello che noi vogliam fare di loro cacciandoli dal
mondo„. La semplicità della serva mosse a riso il curato, ed ordinò al barbiere
che glieli venisse porgendo uno alla volta per conoscere di che trattassero,
potendo essere che qualche opera non meritasse la pena del fuoco. “No, no,
disse la nipote, non si dee perdonare ad alcuno di essi, mentre tutti sono
concorsi a questo danno: il più savio partito sarebbe gittarli per la finestra
nell’atrio, farne un mucchio ed appiccarvi il fuoco; o per evitare il fastidio
del fumo sarebbe anche meglio fatto trasportarneli in corte ed ivi incendiarli.
Lo stesso disse la serva, sì grande era in ambedue la smania di veder morti
quegl’innocenti”
Troppi sarebbero gli
esempi di roghi con cui proseguire, dove gli oggetti da bruciare si “aggiornano”
e modificano con il passare degli anni ma che rimangono rappresentantivi sempre
di un dissenso dal pensiero comune o per il loro carattere effimero (non è mai
facile stabile cosa possa o no possa essere definito in tal modo) o contrario
ai buoni costumi (anche in questo caso vale la nota espressa per il termine
effimero). Il fuoco e le sue fiamme nell’esoterismo e nella religione cristiana
rappresentano la purificazione ecco dunque che attraverso esso si aspira ad una
“elevazione” con la distruzione di quanto possa ancorare metaforicamente alla
terra il corpo umano.
Percorrere la memoria
diventa un esercizio necessario se, periodicamente e regolarmente, c’è chi
tenta di cancellare una parte di questa memoria.
IL FALO’ DELLE VANITA’
(testo e musica Silvano Staffolani)
Scappate dal fuoco create dal fuoco
come scintille
noi volteggiamo ciascuna ha la sua
di direzione
dell’alfabeto si direbbe una danza
ogni lettera è bruciata
c’è una voce che si alza
da ogni pagina perduta
ogni parola cancellata
volteggia nell'aria mentre tutt'intorno
al fuoco che si alza nel cielo
c’è aria di festa
Le risate volgari le pose sguaiate di
chi sfrontato alimenta il rogo
gettando volumi con l’intenzione
di salvare i buoni costumi
ma da qualche parte in silenzio
c'è chi tiene ancora una penna in mano
e una fiamma debole di una candela
fa risplendere un foglio bianco
dove un pezzo alla volta
un mondo intero prende forma
e cento vite o forse più
nascono e si consumano
per cento volte o forse più
e cento vite o forse più
nascono e si consumano
per cento volte o forse più
o forse più
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