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giovedì 13 gennaio 2022

Ho ricevuto quest'oggi questa bellissima recensione di "Storie ordinarie di un quartiere qualsiasi" e con piacere la condivido, un grazie enorme a Daniele "Trubbs" Trucchia che si è immerso pienamente in ogni parola/nota.

Caro Silvano,

finalmente mi sono preso il giusto momento di attenzione e relax per fare un bell’ascolto completo della tua ultima opera “Storie ordinare di un quartiere”.

Sei proprio un cantautore d’altri tempi, che sa rievocare il passato in modo cinematografico, alla Pinocchio di Luigi Comencini per dare un’idea.

All’inizio, senza il supporto del testo a margine che hai allegato nel libretto, si farebbe fatica a smascherare i vari personaggi e le storie che si nascondono tra le righe di ogni brano, mentre leggendo prima il testo introduttivo e poi ascoltando, tutto assume un nuovo significato. Dunque queste persone sono esistite davvero e tu le hai conosciute. Oggi le presenti anche a noi.

“C’era una volta” è forse la più diretta e chiara di tutte le canzoni. Traspare tanto amore e fiducia nelle persone, quelle qualità così rare e difficili da trovare oggi da far sospettare che il cantastorie sia pazzo, un tipo da evitare. Un comodo espediente per mettere a tacere la nostra coscienza e credere che siamo noi dalla parte del giusto, con i nostri sospetti e l’indifferenza che ci accompagnano ogni giorno. Invece lui “c’era una volta” è un uomo vero, uno che conosce tutti e si preoccupa di tutti, soprattutto è uno che sorride sempre… Dicevano ad un corso che se vediamo un uomo camminare per strada tutto incazzato è normale perché sai… i problemi… i pensieri… le angustie… Invece se vediamo uno che va in giro sorridendo pensiamo che è uno scemo o un fuori di testa. Verissimo.

Di “Una mina” mi ha fatto tanto pensare la riflessione delle navi e dei treni che partono, abbinati all’idea delle tante persone che sono appunto “partite” senza tornare. La fragilità e la brevità della vita, le tante volte in cui ci arrabbiamo per cose stupide, rovinandoci le giornate e poi… all’improvviso si parte, senza tornare. Bella.

“Sul tetto” è stupenda. L’avevo già ascoltata nel primo invio che mi avevi fatto e già allora ne ero rimasto entusiasta. Innanzi tutto mi emoziona tutto ciò che riguarda la dimensione onirica, l’idea del corpo che riposa nel letto, immobile e incosciente, mentre la mente viaggia, le immagini sembrano reali, ci sembra di vivere un’altra vita. Poi leggendo la didascalia mi sono incuriosito sulla figura del sonnambulo. Anche il sonnambulismo è un grande mistero, mi affascina da morire. Dicono che queste persone si muovano, svolgano gesti quotidiani dormendo… Bella anche la musica e forte il finale!

La più bella delle musiche è però, a mio avviso, quella di “Un cartone preparatorio”. La sua dolcezza ti culla, sembra prendersi cura di quel cartone dimenticato che pure è “parte dell’opera d’arte”. Esprime tanta tenerezza e gratitudine verso il lavoro che si svolge, l’ispirazione, la preparazione. A volte accantoniamo tanti progetti, bozzetti, idee. Chissà se un giorno prenderanno forma o verranno davvero bruciati? Anche la storia che racconti sul pittore che aveva dipinto le imposte di colori diversi mi ha colpito. L’artista è sempre quella persona speciale che fa cose strane e non si uniforma alla massa ma più di tutto è quella persona sensibile che ama tutti e non farebbe mai niente di male, un animo nobile.

“Al muro una scala” l’ho trovata un po’ meno intuitiva. Forse è uno di quei brani che vanno interiorizzati a capiti man mano, come un qualcosa che ha bisogno di crescere dentro di noi. Interessante la riflessione secondo cui “gli amanti possono fermare il tempo”.

Lo stesso “Per chi lavora di notte” mi ha colpito meno, sempre riferendomi ai primi ascolti. Dovrei ascoltarla più volte.

Riguardo l’ultimo brano “Mentre qualcuno alla finestra” esso assume un grande significato solo dopo aver letto la didascalia. La storia di quella persona nascosta dietro la finestra, le ombre che la sua sagoma proietta, il vago senso di infelicità che traspare sono tutte immagini toste. Allora anche la ripetitività del testo della canzone, se associata a quelle immagini, diviene motivo di riflessione e suggestione profonda.

Anche le foto sono intriganti nel contesto delle musiche e delle parole con cui descrivi il tutto.

Dunque Silvano posso dire che hai realizzato una serie di racconti molto originali, fuori dal tempo, capaci di far evadere l’ascoltatore portandolo in un altrove remoto. L’altrove del passato che non abbiamo vissuto, ma ci è stato raccontato. L’altrove dell’immaginazione che prende spunto da vite vissute da altri, di cui abbiamo avuto forse un’intuizione, tanto tempo fa, ma poi ce ne siamo dimenticati.

Complimenti per questo grande lavoro.

Grazie

Daniele


 

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