riporto l'intervista che mi ha fatto Fortunato Mannino per Sound36 e già pubblicata sulla loro pagina (http://www.sound36.com/silvano-staffolani/) - buona lettura
Quest’estate
mi è capitato, il termine è proprio quello giusto, d’incontrare
e discutere
virtualmente con Silvano
Staffolani.
Una discussione partita da alcune riflessioni su mia recensione
pubblicata su facebook che poi ha riguardato un po’ tutto il mondo
della musica indipendente italiana. Devo dire che ho scoperto solo
dopo aver chiuso la conversazione che Silvano è un cantautore. Ho
ascoltato il suo ultimo album che nasce dalla collaborazione con lo
scrittore Tullio
Bugari
e non solo mi è piaciuto ma l’ho invitato sulle nostre pagine per
sapere di più e condividere con tutti Voi il suo modo d'Intedere la
Musica.
Ciao
Silvano e benvenuto sul nostro pulmino. Ammetto che non era
facilissimo incontrarci in quel mare
magnum
che è la musica indipendente italiana ma… sono contento che ciò
sia avvenuto. La prima domanda, dunque, non può che essere una tua
autopresentazione al pubblico di Sound36.
Uno
strano pulmino questo dove non c’è da pagare un biglietto per
salire e dove…si può parlare al conducente? Mi piace! Hai
perfettamente ragione sai in merito al fatto che non sia per niente
facile incontrarsi e/o comunque avere modo di presentarsi quando si è
parte di un qualcosa di così vasto ed eterogeneo come la musica
indipendente della nostra penisola; dentro c’è un po’ di tutto
compresi tanti elementi che di indipendente hanno ben poco e tanti
che l’indipendenza la vedono come una sorta di etichetta negativa
per materiale di poco valore di cui sbarazzarsi quanto prima. In
mezzo a questo calderone ci sono anche io con la mia musica che in
realtà non so neanche se possa essere rappresentativa di un qualcosa
o abbia punti in comune con quanto vado ascoltando in giro. Trovo che
la musica sia un ottimo modo per comunicare con/fra le persone e più
si è sinceri nel presentare sé stessi più c’è la possibilità
di instaurare un punto di contatto con gli altri: le mie canzoni
probabilmente possono raccontarmi meglio di tante parole. Oggi però
non si ha più tempo neanche di ascoltarla per intero una canzone,
meglio un jingle di pochi secondi, un ritornello; così è per un
pensiero sviluppato e spiegato per intero, meglio uno slogan…chi
sono? Sono uno che scrive cartoline senza indicare l’indirizzo del
destinatario perché so che anche senza la certezza del dove chi e
quando, arriveranno comunque a destino.
Ho
letto sul tuo blog di passato di cantante punk. Ti chiedo cosa è
rimasto e come si evoluta quella rabbia iconoclasta che
contraddistingue la musica punk.
Non
è cambiato niente, purtroppo mi verrebbe da dire; tutto quello che
aveva rappresentato la musica/cultura punk, la ribellione verso un
ordine precostituito, verso una società perfetta (in superficie) che
viveva di regole e buone maniere e che della bella facciata faceva la
ragione di vivere insomma è lo stesso modo di essere che si è
ripresentato in questi anni. Pensa alla musica, nasce il punk perché
con pochi soldi e pochi strumenti potevi comunque suonare, ti
prendevi il tuo spazio e avevi la possibilità in qualche modo di
farti sentire; quando la maggior parte dei gruppi rock aveva una
strumentazione da paura con super amplificatori, tastiere
fantascientifiche, scenografie e corpi di ballo vari…ecco ti
arrivano dei tipi che con poco più di niente si reimpossessano dello
spirito della musica rock che torna a vivere. Oggi più o meno è la
stessa cosa; chi suona, e penso anche a una qualsiasi di quelle cover
o tribute band tanto comuni, per farlo deve accendere un mutuo. Di
nuovo strumentazioni esagerate, effetti a non finire, scenografie,
concerti che diventano eventi e dove la distanza tra chi suona e chi
ascolta è chilometrica…siamo tornati alle stesse condizioni che
hanno portato a quel tipo di ribellione contro un modo di essere
sicuramente di effetto ma…vuoto. Di rabbia non ne ho mai vista così
tanta in realtà, appartiene ed è appartenuta solo a pochi per
fortuna perché acceca e non lascia posto a niente altro mentre
invece c’è bisogno di essere bene attenti. Rimangono tante altre
cose, il “do it yourself” non aspettare che sia qualcun altro a
fare le cose per te, falle e basta; il non lasciarsi imporre cosa può
o non può essere fatto (suonato), il mettere in dubbio qualsiasi
verità assoluta, il “se può farlo lui posso farlo anche io”
insomma rimane la voglia di essere e fare. A livello strettamente
musicale trovo che oggi la vera ribellione nella musica possa essere
quella di liberarsi dell’elettricità e tornare a suonare in
acustico, non importo con quale strumento ma comunque potersi
esprimere senza vincoli di prese di corrente, palchi, permessi , siae
e chi più ne ha più ne metta; lo spirito punk è quello delle
mazurke clandestine. Vuoi pensare punk? Concentrati su quello di cui
puoi fare a meno, non su quello che ti manca e agisci di conseguenza.
“Mezzadro
mezzo ladro contadino” è il tuo ultimo album e nasce dalla
collaborazione con lo scrittore Tullio Bugari. Ci illustri la genesi
e le tematiche che caratterizzano l’album.
L’idea
nasce lontano, nel senso proprio fisico del termine. Pur essendo
entrambi marchigiani ci siamo incontrati e abbiamo avuto modo di
raccontarci quello che stavamo facendo durante un soggiorno a
Essaouria in Marocco, in occasione del festival della musica Gnaoua.
Tullio mi ha parlato del suo libro “l’erba dagli zoccoli” in
cui ha narrato le storie delle rivolte contadine del dopoguerra, un
mondo fatto di persone del popolo che cercano di autoorganizzarsi per
poter avere terra da coltivare, di scioperi alla rovescia in cui
anziché incrociare le braccia le si usava per costruire, di
solidarietà ma anche di morti, troppi morti spesso dimenticati. Se
cancelli le date e i nomi le storie che trovi all’interno del libro
potrebbero tranquillamente svolgersi al giorno d’oggi, ancora una
volta la storia che si ripete e mai insegna, tutto quello che noi
impariamo è a riconoscere che gli errori che commettiamo li ha già
commessi qualcun altro prima di noi, non è di certo una
consolazione. Abbiamo pensato entrambi che, in vista di una
presentazione del libro in cui Tullio aveva comunque già
l’intenzione di leggere alcuni brani, come momenti di pausa tra una
lettura e un’altra io avrei potuto cantare alcune delle mie
canzoni. Ai buoni propositi delle chiacchierate in Marocco è seguito
al ritorno il mio invio di alcune canzoni che avevo già in
repertorio e che Tullio ha approvato e il suo invio dei testi del
libro e in questo modo abbiamo fatto le prime presentazioni. Nel
corso di pochi mesi ho spinto Tullio a tentare la scrittura di testi
da utilizzare per condensare nel tempo di una canzone i racconti de
“l’erba dagli zoccoli” e il risultato è stato sorprendente per
entrambi, ora il tutto è diventato un reading concerto che stiamo
portando in giro per l’Italia intera.
La
mia personale sensazione è che la tua sensibilità di cantautore
ponga l’accento su due tematiche fondamentali: l’esigenza di non
perdere la memoria del nostro passato e lo sfruttamento delle masse
popolari. Quanto di vero c’è in questa mia sensazione?
La
memoria del passato…è inevitabile portarla con sé…come le
melodie che canto probabilmente vengono da qualche parte di un tempo
già vissuto, è importante raccogliere gli esempi, le testimonianze,
saper leggere le tracce di chi prima di noi ha già percorso le
nostre strade; non bisogna “conservare” per una esigenza di
rispetto che spesso conduce a chiudere in un museo il nostro passato,
quello stesso rispetto che dopo aver fatto nascere il museo fa sì
che non ci si preoccupi che sia fruibile quanto più possibile.
Bisogna tenere vivi i ricordi, frequentarli; nel nostro passato,
nelle vite vissute prima della nostra, ci sono le spiegazioni del
nostro presente ed è come se fosse un racconto che qualcuno ha
iniziato a narrarci quando siamo nati, bisogna trovare il tempo –
ogni tanto – di fermarsi ad ascoltarlo per riannodare i fili di
questo tempo. Quel che siamo stati c’è sempre la possibilità di
poterlo essere di nuovo, e non pensare che sia per forza una cosa
bella e positiva anzi; ecco, conservare la memoria del passato è una
necessità per non sentirsi irresponsabili del presente e del futuro.
Lo sfruttamento delle masse popolari è ovunque, basta che ti guardi
intorno lo puoi vedere senza alcuna necessità che altri te ne
parlino però raccontare la voglia di riscatto, la poesia dietro la
banalità del quotidiano, lo sberleffo e la grandiosità anche nella
miseria, il dettaglio che sfugge ai più, gli individui di cui la
massa è composta…insomma c’è tanto da portare sotto la lente di
ingrandimento.
Il
tuo raccontare di personaggi che rischiano, purtroppo, di perdersi
nelle nebbie del tempo e dell’indifferenza è chiaro che non può
essere solo “celebrativo” e tradisce, a mio avviso, una visione
alquanto cupa della società odierna.
Bella
l’immagine che hai descritto, molti dei personaggi entrati nelle
mie canzoni non sono così ben definiti, non tutti hanno un nome e
cognome anzi spesso sono così vaghi che è davvero come se siano
persi nelle nebbie del tempo come dici tu e se scompaiono è solo per
tornare in una canzone successiva, sono sempre gli stessi che
continuano un dialogo (a volte è anche un ballo) che hanno solo
interrotto. Il narrare è fatto anche di interruzioni, così come la
musica ha bisogno delle pause e il silenzio è necessario perché
altrimenti non esisterebbe l’attesa, tanto importante per
prepararci a quel che sarà. Trovo molto positivo questo ritrovare
ogni tanto gli stessi “protagonisti”, una sorta di amicizia
rinnovata, quindi anche una società ideale dove non ci sono mai
addii ma solo arrivederci. Ci sono poi anche i personaggi con nomi e
cognomi e con la loro storia vera, sono state persone prima che
personaggi e in qualche modo vittime di quello che avevano intorno,
senza possibilità di scelta e in questo caso hai più che ragione,
sicuramente dove ci sono vittime di una società che decide per loro
questa non può che essere cupa. Sarebbe alquanto sciocco e banale
per me cantare la storia di chi vince la lotteria, non mi interessa
poi tanto raccontare la felicità, meglio viverla; invece è molto
stimolante raccontare di chi ha appena perso il biglietto della
lotteria senza possibilità alcuna di ritrovarlo, terribile no? Nella
storia di tante canzoni popolari spesso gli argomenti più tragici e
tristi sono narrati all’interno di melodie allegre, con motivi che
si possono tranquillamente cantare e che portano al buonumore
finché…non fai caso al senso delle parole che stai cantando, è la
magia della musica a cui tutto è concesso raccontare sapendolo fare
nel modo giusto, quello che alla fine porto a destino ogni messaggio.
Qual
è, secondo te, il peso sociale di un cantautore?
Il
peso sociale della musica tutta direi, un cantautore usa un mezzo
attraverso cui arrivare a…che cosa? Se lo domanda prima di scrivere
una canzone? O lo fa solo per una sua esigenza di esternare e dare
forma a un qualcosa di indefinito come ogni altra persona che
frequenta una qualsiasi forma d’arte? Una canzone una volta
suonata/cantata non appartiene più a chi l’ha composta ma diventa
di chi l’ha saputa ascoltare e inevitabilmente andrà a influire
nel suo modo di essere. Chiunque, nel momento in cui tenta di
relazionarsi con l’altro, ha un forte peso sociale in quanto
teoricamente può condizionarne il pensiero e il modo di agire come
fosse una sorta di contagio. Maggiore è il numero dei nostri
interlocutori e più grande è la nostra responsabilità, come dicevo
poco fa a volte un semplice motivetto arriva facilmente e magari
senza che ce ne accorgiamo ripetiamo frasi e concetti che abbiamo
sentito da altri attraverso una semplice canzone ecco dunque che
bisognerebbe sempre fare attenzione alle parole che pronunciamo
perché, purtroppo o per fortuna, gli scritti rimangono e le parole
volano e in questo loro volo vai a capire dove e come atterreranno.
Se
dovessi aggiungere una domanda o una riflessione a questa intervista
cosa aggiungeresti?
La
domanda è quella a cui altri mi forniscono – per fortuna - sempre
la risposta : “ma chi te lo fa fare?” Chi sta leggendo invece, se
non lo ha già fatto o comunque non lo sta già facendo, vorrei
invitarlo a utilizzare ogni momento del tempo libero che ha a
disposizione per tornare a vivere l’arte, in ogni sua forma,
scrivete o leggete una poesia, andate a vedere una mostra, mettetevi
a disegnare, dipingere, fermate gli attimi su un quaderno, un foglio,
una foto una melodia, osservate più a lungo e con attenzione quel
che avete intorno e tornate a interessarvi alle persone che vi sono
vicine o che per caso incontrate insomma…non sprecate niente delle
vostre giornate e quando proprio non saprete più che fare…andate a
sentirvi i miei album qui :
https://www.youtube.com/user/ThePisiTroll/playlists?view_as=subscriber&shelf_id=2&view=50&sort=dd
magari
decidete che vi piacciono e allora ho una buona notizia per voi :
potete pure scaricarveli gratis qui :
https://cartolinedautore.blogspot.it/p/dove-scaricare-gli-album-gratuitamente.html
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