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martedì 21 aprile 2020


Ci sono sempre piacevoli scoperte che, a dispetto di quanto possano dire i soliti critici, fanno ben sperare per il futuro della musica in questo caso italiana. La buona musica continua ad essere prodotta, serve solo la curiosità e la voglia di andarla a cercare perché non è quasi mai "in vetrina"; in fin dei conti la bellezza è anche giusto che se ne stia un po' nascosta perché altrimenti potrebbe sciuparsi in mano a chiunque. Ho il piacere dunque di presentarvi un cantautore di quelli "con tutte le carte in regola" che ha storie da raccontare e una chitarra per accompagnarsi, e già questi sono due fattori rari oggigiorno, aggiungete che è pure bravo e avrete "LE ROSE E IL DESERTO" ovvero Luca Cassano.
Nato nel 1985 in quel di Cosenza ma stabilitosi ora a Milano giusto per coprire così tutta l'Italia tra il suo passato e il presente, ha da sempre frequentato la poesia e la letteratura e, fortuna nostra, ad un certo momento ha deciso di abbinarle alla musica e il risultato possiamo anche ascoltarlo e ne ascolteremo ancora visto che è uscito il suo primo singolo a cui seguirà a breve un EP.
Ho fatto qualche domanda a Luca e con la gentilezza che lo contraddistingue ha subito accettato di inviarmi le sue risposte per cui vi invito a leggere questa breve intervista:

“Le rose e il deserto”, in musica che cosa assomiglia più alla rosa e cosa più al deserto?
Una rosa potrebbe essere una canzone d'amore sussurrata al risveglio, suonata arpeggiando. Il deserto un pezzo punk, con le chitarre elettriche e la batteria che fa un gran bordello 
Nel tuo singolo d’esordio “Un terzo” ci fai un elenco delle cose in cui ti perdi ma ce ne diresti un paio in cui invece ti sei ritrovato? 
Che bella domanda! "Un terzo" parla delle cose che mi fanno paura e mi fanno perdere la rotta. Però si, ci sono anche tante cose che invece mi danno sicurezza e mi fanno ritrovare. Sicuramente la vicinanza delle persone care (sopratutto in questo periodo di distanza obbligate). Mi viene da pensare alla mia nipotina (nell'EP che uscirà fra un mesetto ci sarà una canzone scritta per lei). E poi, senza dubbio, i miei libri: ci sono stati tanti momenti della mia vita in cui ho avuto la sensazione tangibile che il libro che stavo leggendo in quel momento fosse un porto sicuro in cui rifugiarmi.

La musica al giorno d’oggi: viviamo il tempo dei cantanti con l’auto-tune e basi trap; tu che ti presenti con la tua voce e la chitarra sei un rivoluzionario o semplicemente un pazzo?
Da ragazzo ero innamorato della figura di Ernesto Guevara, quindi mi piacerebbe risponderti che sono un rivoluzionario contemporaneo. La realtà, molto meno avventurosa ma, spero, altrettanto poetica, è che le mie canzoni si inseriscono (forse dovrei dire "vorrebbero inserirsi") all'interno della tradizione del cantautorato italiano. Penso, e lo penso da ascoltatore prima ancora che da musicista, che le parole vengano prima della musica. Mi piacciono le parole, mi piace giocarci, confonderle, nasconderle, accostarne di diverse. Per far questo bastano penna e foglio; una chitarra di accompagnamento è più che sufficiente.
Come si fa a scrivere una canzone?
Ah boh!? Persona sbagliata a cui chiederlo. La mia è una scrittura del tutto istintiva, priva di alcuna pianifiazione. Non sono in grado di sedermi alla scrivania e mettermi a scrivere. Le mie canzoni nascono quando qualcosa (tipicamente un pensiero o un ricordo) mi colpisce fra cuore e stomaco. Se questo avviene, allora testo e musica nascono nel giro di poche ore. Poi, ovviamente, interviene il cervello a mettere ordine fra i versi, scegliere le assonanze giuste, decidere gli accordi più adatti alla melodia, ma questo avviene in un secondo momento, quando la canzone è già lì. Il resto è sindrome da foglio bianco.
Le parole di un testo sono semplicemente le note di una melodia o qualcos’altro? Il significato delle stesse non distrae l’ascoltatore dalle emozioni suscitate dalla musica?
Io la direi esattamente al contrario: il rischio è che la melodia, l'arrangiamento, distraggano l'attenzione dall'ascolto delle parole. Ad un buon testo basta un arrangiamento minimale perchè la canzone sia di impatto. Troppo spesso oggi ascoltiamo canzoni ben costruite in cui l'arrangiamento nasconde, ad arte, la vuotezza del testo.
Chi volesse contattarti e soprattutto ascoltarti come può fare?
Il singolo "Un terzo", uscito da poco, si può ascoltare su tutte le piattaforme digitali. Qui il link: https://lnk.to/IMn7gdwv
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